e avevo tutto il diritto di viverla,
non me lo avete concesso
e allora è stato peggio per me,
per voi, peggio per tutti"
scrive l'operaio Bonnot in un quaderno prima di essere
colpito a morte dalla polizia nell’Aprile del 1912
Ancora prima che inizi il romanzo, Pino Cacucci tiene a precisare che la sua opera non è un romanzo storico perchè “la storia la scrivono sempre i vincitori” mentre i protagonisti del suo romanzo “hanno invece perso tutto: battaglie, lavoro, amici, ideali, la loro stessa vita”.
Ma in realtà “In ogni caso nessun rimorso” è un romanzo storico, eccome se lo è: Cacucci ci racconta, con un lavoro molto ben documentato e qualche licenza narrativa, la vita di Jules Bonnot.
Prima di parlare del libro e delle tematiche che vengono toccate penso che sia bene definire il contesto in cui la storia si svolge. Perchè non si può non tenere conto che la storia di Jules Bonnot si svolge tra fine Ottocento e inizio Novecento ne si può leggere questo libro (se si vuole comprenderlo) ignorando cosa fossero quegli anni in Francia. E no, non sto per parlarvi della Belle Époque.
Al massimo dell’anima nera della Belle Époque.
Perchè dietro alla diffusione del benessere borghese c’era tutto un Paese fatto da famiglie come quella in cui nacque Jules Bonnot.
Le famiglie degli operai delle fabbriche. Quelli che facevano turni da 12 ore. Quelli che, dietro alle speranze di uguaglianza portate dalla diffusione di ideologie provenienti dall’Est, iniziarono a ritrovarsi in una nuova associazione come quella del sindacato. Quelli che, per rivendicare quelle speranze, finivano negli ospedali dopo essere stati malmenati in quei primi coraggiosi scioperi. Quelli che nonostante la Belle Époque restarono poveri e sfruttati.
La situazione sociale degenerò ben presto. Da una parte la società borghese e aristocratica tutelata dallo Stato, dall’altra gli sfruttati.
La storia di Jules Bonnot nasce qui. Costretto a vivere nella miseria e nel rancore fin dall’infanzia. Miseria e rancore che lo accompagneranno fino alla tragica fine. Ma sono altre due cose a cambiargli la vita: l’anarchia e l’amore.
Jules cresce anarchico – anche la figura dell’anarchico va contestualizzata (rimuovete dalla vostra testa quella figura stereotipata pompata ormai senza sosta dai media odierni) – frequenta anarchici e si immedesima subito nelle loro lotte.
Che miseria e rancore puoi affrontarle
solo in due modi: a testa bassa e a testa alta.
Jules propende per il secondo. E fin dalla gioventù questa scelta gli causerà problemi giudiziari e – a ruota – problemi lavorativi. Entrambe le problematiche non faranno che accresce l’odio che Jules cova nei confronti della sua condizione e della condizione della società.
Per quanto riguarda l’amore, Jules lo scopre un pò per caso.
Ma da quel giorno in poi non smetterà più di amare. Amerà diverse donne (pure molto diverse tra loro) e amerà intensamente nonostante i dolori (l’ultimo – quello decisivo – soprattutto) che questo sentimento non gli risparmierà mai.
Jules l’operaio. Jules l’anarchico. Jules che scopre il piacere dell’espropriazione proletaria. Jules il soldato. Jules che si appassiona ai motori. Jules e la propensione alle armi. Jules che diventa l’autista di Sir Arthur Conan Doyle. Jules che conosce Platano. Jules che finisce in un vortice senza via di fuga. Jules che insegue per tutta la vita una felicità che ne il destino ne la società gli permettono di vivere. Jules che viene inseguito per tutta la vita dalla giustizia al servizio di quella società da lui tanto odiata.
La caratterizzazione di Jules Bonnot fatta da Cacucci è a mio avviso perfetta. Jules non passerà mai per il Robin Hood del XX secolo, ne viene considerato come un delinquente comune. Insomma, un romanzo che andrebbe letto solo per scoprire il Bonnot di Cacucci.
Ma nel libro c’è molto altro: il movimento anarchico parigino tra la rivista “L’Anarchie” e gli illegalisti, i primi scioperi e le prime rapine in auto… Ma soprattutto alla fine del libro c’è molto altro da approfondire. E quando un libro te ne fa aprire altri è sempre un buon libro.
Fonte: http://ilmondoenostro.altervista.org/?p=179
"Tu credevi di aver raggiunto il culmine,
fino a pochi attimi prima – riflette amaramente tra sè e sè Bonnot – e adesso scoprivi che di posto, per l’odio, ce n’era sempre, a dismisura, un’immensità di odio vasta quanto l’universo. Era infinito, l’odio. Solo l’amore, pensavi, solo l’amore ha limiti.
"
Un odio che rappresenta l’unica ragione di vita, l’unica alternativa alla sottomissione,
l’unica arma da contrapporre al potere dello Stato, della Polizia e della società dei ricchi.
L’illusione del progresso e della ricchezza ha offuscato gli occhi della gente impedendole di vedere che il confine tra gente ricca e gente povera è sempre lì, netto ed inesorabile così come i privilegi dei primi e gli stenti dei secondi.
Bisogna leggerne e scriverne di più di libri di questo genere poichè la nostra generazione, e quelle che verranno dopo hanno bisogno di vedere come il coraggio di un individuo che lotti contro un ordine imposto si riflette sulla storia dell’umanità, hanno bisogno di capire quando è il momento di lottare, sia solo a parole o sfruttando i media e gli strumenti odierni, affinchè la libertà non sia una gentile concessione altrui ma un sacrosanto diritto.
Fonte: https://mickroom.wordpress.com/2012/01/16/lultima-pagina-in-ogni-caso-nessun-rimorso-di-pino-cacucci/
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