La creatività, la varietà d’interessi, il senso di appartenenza al contesto in cui si risiede, la vitalità personale sono caratteristiche che determinano la qualità della vita delle persone.
La vitalità personale è messa a dura prova dal lavoro (che lo si abbia o meno), dalla vita routinaria, dai trasporti, dalle condizioni abitative, dalle caratteristiche ambientali; la varietà di interessi è per lo più orientata e limitata alla fruizione di spettacoli, di oggetti da acquistare; il piacere di agire per un interesse comune è frustrato da una partecipazione a progetti di trasformazione sociale scarsa e poco efficace; la creatività, il fare fatica a trovare piena espressione, inibita da leggi e regolamenti che ne limitano o impediscono lo sviluppo o indirizzata verso hobby e bricolage.
Tutto concorre, nella vita quotidiana, a frustrarne la pienezza, a ingabbiarla, contenerla, incanalarla, lasciando spazio soltanto a piaceri atrofizzati e desideri ridotti al minimo indispensabile. L’inquietudine, l’isolamento e la solitudine dilagano;
Gli uomini hanno più paura di vivere che di morire.
Tutto ciò si evidenzia con maggiore chiarezza per chi vive in ambiente urbanizzato, città, metropoli o megalopoli che sia.
Nelle città la maggior parte delle persone non riesce a vivere come vuole; l’ambiente urbano, così com’è, non permette che nascano e si sviluppino le loro personalità; è inadatto a soddisfarne i bisogni, organizzato com’è a vantaggio di qualcos’altro.
L’attività di ognuno, che sia lavoro, uso del tempo libero, dormire, cucinare, studiare, eccetera, è di norma organizzata in spazi che solo in minima parte possono essere creati, modificati e gestiti da chi li abita.
Gli ambienti sono concepiti in modo tale che l’abitare sia funzionale non alla vita di ciascuno, ma agli interessi di persone estranee ad essa.
Così la scuola è costruita primariamente per educare alla disciplina, la fabbrica o l’ufficio per creare profitto, i condomini per spezzare la socialità, il cubo in cui viviamo per ammansirci; difficilmente possono essere modificati.
Se si vuole cambiare qualche cosa nella propria casa, si deve chiedere il permesso a qualche autorità. Regolamenti edilizi e burocrazie di ogni genere hanno criminalizzato ogni intervento creativo all’esterno, ma anche all’interno delle abitazioni.
Nell’intimo delle mura domestiche la possibilità di gestire lo spazio si limita a poche cose, per lo più intese a isolare all’interno delle quattro mura le persone che ci abitano. L’unico ambito in cui si ha il permesso di organizzare la propria casa è confinato alla disposizione dei mobili, alla tinteggiatura delle pareti: tutto il resto è precluso, dove si abita e come si abita sono sotto stretto controllo.
Le istituzioni economiche, amministrative, politiche, sociali, culturali sono le dirette responsabili della qualità dell’esistenza di ognuno di noi. Il contesto in cui la nostra vita si svolge non ci appartiene; sono loro che organizzano il lavoro, la gestione territoriale, il controllo e la sicurezza, il sapere e la ricerca e, per come funzionano le cose, è sin troppo facile dimostrare come le persone si sentano estranee alla loro visione e ne subiscano le conseguenze.
Che le istituzioni facciano parte del problema e non della soluzione è sentimento molto diffuso.
Lavoro, comunicazione, risorse energetiche, concezione dello Stato sono fattori in veloce mutamento, frutto di una globalizzazione di cui si stenta a prendere piena consapevolezza continuando, nell’affrontarli, ad affidarsi a modelli di governo, di trasformazione o di radicalismo non più adatti a interpretare e risolvere alcun problema e tanto meno immaginare un qualunque futuro.
L’indeterminatezza, l’usura, l’inutilità dei mezzi pratici e teorici usati per affrontare la realtà non producono altro che sfiducia, immobilismo e frustrazione.
Finora il vuoto è stato colmato da un ethos consumistico tanto sfrenato quanto consolatorio, indirizzato e guidato da un apparato massmediatico di prim’ordine – il vero cardine del sistema – creato appositamente per veicolare la trasformazione di tutti i rapporti sociali in spettacolo e valorizzare come merce ogni aspetto dell’uomo e della natura. Per tutto ciò le istituzioni, ancorché democratiche, ne stanno uscendo a pezzi e anche i governati non stanno bene, impreparati come sono a subirne i colpi o a coglierne gli aspetti positivi.
Nautilus, novembre 2009
Fonte e articolo completo: http://www.informa-azione.info/esce_la_citta_totalitaria_edizioni_nautilus
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