sabato 16 gennaio 2016

VODAFONE AMMETTE CHE I GOVERNI CI SPIANO

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RIVELAZIONE-SHOCK DI VODAFONE “CONTROLLO DIRETTO DEI GOVERNI SULLE TELEFONATE DEGLI UTENTI”

Esiste una rete di cavi segreti che permettono ai servizi di intelligence di alcuni governi di ascoltare tutte le conversazioni sui network telefonici. 
Lo ha rivelato ieri il Guardian di Londra,
anticipando di qualche ora uno straordinario comunicato della Vodafone, la multinazionale dei telefonini che ha deciso di denunciare volontariamente l’esistenza della rete di spionaggio sovrapposta ai sistemi di comunicazione.


In sostanza, la Vodafone afferma che i cavi, sia per ascoltare il contenuto di chiamate, sia per localizzarne la provenienza, sono ampiamente usati da alcuni dei 29 paesi in cui la società telefonica opera in Europa e altrove: ma pur rompendo il silenzio, ha deciso, almeno per il momento, di non rivelare di quali paesi si tratta, se non altro per motivi di sicurezza. Il quotidiano britannico pubblica inoltre una mappa delle richieste specifiche avanzate dai governi, dalle forze di polizia o dalla magistratura per avere informazioni sulle comunicazioni.

L’Italia è il paese dove ne arrivano di più, per un totale di 606 mila richieste legali di “metadati”, cioè di indicazioni sulla localizzazione di un apparecchio, sugli orari e le date delle chiamate, e sui soggetti con cui è in comunicazione. Un livello di intrusione decisamente alto che il Guardian attribuisce in particolare alle esigenze della lotta alla mafia e alle altre cosche di criminalità organizzata.


Nel suo rapporto la Vodafone chiede che tutti i cavi di accesso diretto al proprio network di comunicazioni installati da servizi di spionaggio vengano rimossi e propone che siano cambiate le legislazioni che in vari paesi rendono legale un simile apparato di controllo di massa.


STAZIONE DI SPIONAGGIO

«È un sistema di intercettazioni spaventoso e senza precedenti », commenta Shami Chakrabarti, direttrice dell’associazione per la difesa dei diritti civili britannica Liberty. «Il Datagate portato alla luce della rivelazioni di Edward Snowden aveva già rivelato le dimensioni dello spionaggio digitale. Questo rapporto conferma che occorre una radicale modifica delle leggi in materia per tutelare i cittadini». Senza fare nomi, la Vodafone sostiene che anche altri operatori di telefonia mobile vengono sottoposti a indiscriminati controlli di massa attraverso cavi segreti collegati ai loro sistemi.


«Si tratta di un’ammissione coraggiosa», da parte dell’azienda guidata da Vittorio Colao, osserva Gus Hosein, direttore di Privacy International, un’associazione che ha avviato cause giudiziarie contro il governo britannico per il programma di intercettazioni svelato da Snowden, augurandosi che anche altre compagnie di telecomunicazioni rivelino quello che sanno. Deutsche Telekom, che aveva già pubblicato dati parziali, ha già annunciato che lo farà «per tutti i paesi in cui sia permesso».

«A partire dal Datagate sta emergendo a livello globale l’assoluta necessità di ripensare e riequilibrare il rapporto tra sicurezza e privacy, spostando il baricentro verso il rispetto della persona, della sua libertà e dignità», protesta il garante della Privacy, Antonello Soro.

2 - QUELLE 605MILA RICHIESTE FATTE DAI NOSTRI GIUDICI E LE “ORECCHIE” STRANIERE

Paolo G. Brera per “la Repubblica”

Nessuno più di noi: nell’ultimo anno dalle procure e dalle forze dell’ordine italiane sono piovute su Vodafone 605.601 richieste di dati e “metadati” sulle nostre utenze, senza contare le intercettazioni vere e proprie. Non abbiamo rivali, non ci sono magistrature e investigatori più curiosi in tutta Europa, anzi in tutti i 29 paesi del mondo in cui opera il gigante delle telecomunicazioni inglese.

«Colpa della mafia», suggerisce il Guardian che ha rivelato il rapporto sulla trasparenza di Vodafone. Ma non è necessariamente una cattiva notizia: se ci limitiamo a chiamare numeri italiani abbiamo quantomeno una serie di garanzie giuridiche che passano attraverso la richiesta di un pm e l’autorizzazione di un gip. Il guaio è che a volte non lo facciamo, e neppure lo sappiamo.

Volete contattare Alitalia? Avete qualche guaio da risolvere con la stessa Vodafone? Probabilmente state parlando con un call center albanese, un paese che a differenza dell’Italia non permette agli operatori telefonici di fornire dettagli sulle richieste di dati telefonici.

Molti call center “ italiani” e centri di stoccaggio dei nostri dati riservati sono in paesi come la Turchia: quasi certamente è uno di quelli in cui, denuncia il rapporto di Vodafone senza fare nomi, «le agenzie e i governi hanno accesso diretto ai dati immagazzinati nei network degli operatori telefonici». Lì si spia senza passare da alcun magistrato, senza avere nessuna autorizzazione e senza alcun controllo. Un grande fratello di cui non sapevi neppure l’esistenza saprà chi sei e ciò che hai comunicato.

Lungo le dorsali su cui corrono i dati, nei nodi dei paesi impiccioni di cui Vodafone non può fornire i nomi per il legittimo e inquietante timore di ritorsioni sui suoi operatori, i governi e i servizi segreti vanno a pesca di dati e informazioni con la rete a strascico. Gli operatori telefonici non possono nulla: è la legge, bellezza. Anzi, nel rapporto di Vodafone c’è più di un’esortazione per i governi ficcanaso ad «adeguare i loro servizi e le loro agenzie all’era di internet». Ma è un’esortazione, appunto.

In Italia, invece, tutto ciò «è impossibile». Anzi, lo è in tutta Europa, secondo il commissario per la Giustizia Viviane Reding: «Nella Ue deve essere un giudice ad autorizzare l’accesso ai dati personali dei cittadini, e questa regola si applica in tutti i paesi dell’Unione». Partiamo dai numeri: Vodafone Italia sottolinea che il nostro record non è così rilevante, perché «i dati sono stati raccolti in maniera molto diversa nei vari Paesi», in considerazione dei diversi sistemi e delle differenti normative. E va bene. Ma 605mila e rotti contro i “2” del Belgio e i “3” della Francia fai una certa qual fatica a spiegarli con sistemi e normative.

DATAGATE INTERNET GRANDE FRATELLO

Ripartiamo dai numeri: di quelle 605mila «richieste di metadati », i cosiddetti “tabulati” (i dati riferibili a un’utenza che elencano numero chiamato o numero chiamante, ora della chiamata e durata della conversazione) sono 84mila. Occorre che un pm abbia ottenuto l’autorizzazione del Gip, e non ci sono scorciatoie né alternative.

Le altre 521mila richieste sono invece “identificazioni anagrafiche”: richieste di attribuire un nome e cognome a un numero di telefono. In questo caso, la richiesta può arrivare direttamente da polizia, carabinieri, guardia di finanza... 

Le compagnie telefoniche concedono loro i codici per effettuare direttamente le verifiche. Resta da aggiungere la quota Vodafone, che nel suo rapporto l’azienda non ha scorporato, delle 140mila richieste di intercettazione effettuate lo scorso anno in Italia. I contenuti, non i dati: e anche qui serve l’autorizzazione del gip.

Fontehttp://terrarealtime.blogspot.it/2016/01/rivelazione-shock-di-vodafone-controllo.html

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