lunedì 5 ottobre 2015

Il serpente cosmico e i segreti del DNA


Come può un popolo che vive nella foresta amazzonica, 
ambiente che ospita 80 mila specie vegetali, avere delle conoscenze approfondite di chimica e botanica? 
Queste informazioni vengono loro dalla natura stessa attraverso le piante psicoattive, tra cui l'ayahuasca. 
L'ayahuasca è una combinazione di due piante bollite per ore, una delle due produce dimetiltriptamina, sostanza secreta dal cervello umano.

Guarda la forma. Defocalizza.

Nella sua esperienza con l'ayahuasca, Narby ha la visione di due serpenti attorcigliati, e non è il solo a ricevere questa immagine: due serpenti, o una scala a pioli, o due liane intrecciate. 

Cosa sono queste immagini ricorrenti nelle trance sciamaniche di cui parla anche Eliade nello “Sciamanesimo e le tecniche dell'estasi”? L'autore lancia la sfida: è il DNA, la doppia elica intrecciata all'origine della vita, che accomuna tutte le specie viventi. E la mitologia/filosofia conferma la tesi: in molte civiltà si parla di urobori, serpenti cosmici, caducei, kundalini...e le associazioni potrebbero continuare, come a rispondere in modo universale alla domanda “da dove veniamo?”.

Guarda la forma. Defocalizza.


Aveva detto Carlos all'autore. La liana intrecciata con cui si prepara l'ayahuasca, detta anche “la scala per la via Lattea” o “la pianta rampicante dello spirito”sembra ricordare il dna. Nel nostro corpo ci sono 201 miliardi di km di dna, una fune che potrebbe collegare cosmo e terra... 

Se la scienza è arrivata ad affermare la biocomunicazione tra cellule attraverso un'emissione biofotonica, tanto da parlare di superorganismo collaborativo, perché non supporre una rete di connessioni tra l'intero sistema vivente attraverso il dna? Che sia il dna lo spirito presente in ogni essere vivente di cui parlano gli sciamani?


Perché ci abbiamo messo tanto?” risponderebbe Carlo: 
la scienza arriva alle stesse conclusioni dell'arte sciamanica o delle filosofie antiche, solo con un percorso più lungo e complicato e non senza contraddizioni e passi falsi perché “noi vediamo solo ciò in cui crediamo e per cambiare quello che vediamo talvolta è necessario cambiare ciò in cui crediamo”.



Ma di cosa parla Il serpente cosmico? 
Parla della vita. E della morte. 
Della coscienza e dell’umanità. 

Cerca di abbozzare un seppur ipotetico percorso a ritroso, lungo il sentiero che conduce alle origini della storia e della comparsa sulla Terra di esseri dotati di intelligenza. Si inabissa in un mondo che primitivo lo è ancora: quello delle tribù amazzoniche che, nonostante siano state col tempo e in parte occidentalizzate, non hanno spezzato il filo che le unisce al loro passato. 

Un passato, il loro, intessuto di elementi sacri, magici, al confine con la realtà e che accompagnano ogni gesto quotidiano. Lo studio di Narby racconta, quindi, il confronto con gli sciamani Ashaninka della comunità di Quirishari nella valle del Pichis del Rio delle Amazzoni. 

Giunto qui con l’intento di scrivere una tesi per il dottorato di ricerca in antropologia dall’Università di Stanford, giorno dopo giorno, lo studioso viene assorbito dal modus vivendi di questo affascinantissimo e misterioso popolo e inizia a sentire parlare di una sostanza, di cui gli sciamani e/o gli iniziati fanno regolarmente uso, in grado di provocare incredibili allucinazioni. Si tratta dell’ayahuasca, erba che metterebbe in contatto col mondo degli spiriti e permetterebbe di ottenere da loro, durante le allucinazioni, insegnamenti importanti.

Il libro di Narby prende, quindi, il via dall’esperienza vissuta in prima persona a contatto con questa sostanza psicogena. Le allucinazioni che ne ricava costituiscono l’anticipazione del margine lungo il quale si svilupperà l’intero impianto narrativo. 

In seguito a questa esperienza, infatti, l’autore ha un’intuizione che cerca di avallare attraverso lo studio complessivo e parallelo delle tecniche di sciamanesimo e dei presupposti e risultati della biologia molecolare. In questo modo giunge a conclusioni sorprendenti che gli permettono di intersecare la visione di un doppio serpente - la quale si verifica durante le allucinazioni e si origina nel denso simbolismo che popolazioni, geograficamente troppo lontane per essere entrate in contatto l’una con l’altra, condividono - e la rappresentazione scientifica del DNA. 

Con documenti alla mano, e viaggiando lungo le coordinate di tempo e spazio, Narby dimostra come lo sciamanesimo permetta di risalire a una conoscenza di cui è stata a lungo all’oscuro perfino la scienza ufficiale. 


Ne risulta che gli sciamani sono in possesso
 di determinate e importanti nozioni 
di biologia molecolare, 
pur senza sapere nulla di tale materia.


Fonti: http://www.spaziofatato.net/recnarby.htm e http://www.flipnews.org/flipnews/index.php?option=com_k2&view=item&id=5590:jeremy-narby-il-serpente-cosmico

Nessun commento:

Posta un commento