La Magica Rivoluzione degli anni 60
A partire dalla metà del secolo scorso, in America e in seguito in tutta Europa, si manifestò una sorta di nuovo rinascimento della filosofia, della letteratura, dell’arte e della musica. Negli anni ’50, la cultura beat aprì la strada alla cultura hippie: eclettica, unificatrice e gioiosa, di ispirazione filosofica orientale e neoplatonica, che fiorì negli anni ’60 e si protrasse fino agli inizi degli anni ’70.
Le radici di tale rinascimento attingono, tuttavia, all’Europa della fine dell’Ottocento e della prima metà del secolo successivo.
In risposta al dilagare dell’industrializzazione, e dunque di un progressivo estraniamento dell’uomo dalla natura, alcuni giovani, per mezzo del nudismo, del vegetarianesimo, della riscoperta della vena panteistica insita nel neoplatonismo, nel paganesimo, nell’ermetismo e in alcune dottrine orientali, intrapresero un cammino controcorrente teso a ripristinare l’unità e la completezza primigenie, intuite come nostra più intima realtà.
Ma a ben vedere l’hippie viene da ancor più lontano; probabilmente egli apparve con il nascere delle città, intese quali luoghi in cui gli uomini si raggruppavano per difendersi da altri uomini aventi le medesime paure, aggressività, avidità e da una natura selvaggia ormai considerata pericolosa, estranea e caotica.
DIONISO E SHIVA - GLI DEI DEGLI "ANTISOCIALI":
Alain Daniélou, nella sua opera Siva e Dioniso - La religione della Natura e dell’Eros, sostiene, con argomenti di grande valore, l’esistenza di una “religione primordiale”, ovvero di una «antichissima sapienza, compendiata secondo i luoghi nei culti di Siva e di Dioniso»
Dioniso, come Siva, è un dio della vegetazione, dell’albero e della vigna. È anche un dio animale, un dio toro. Questo dio insegna agli uomini a irridere le leggi umane per ritrovare le leggi divine.
Il suo culto, che scatena le potenze dell’anima e del corpo, ha incontrato viva resistenza da parte delle religioni urbane che lo hanno considerato antisociale. Siva, come Dioniso, viene da esse rappresentato come il protettore di quanti si tengono lontani dalla società convenzionale».
Shiva, che racchiude in sé qualsivoglia antitesi (manifesto-immanifesto, erotismo-ascetismo, emanazione-riassorbimento, femminile-maschile) e il cui corpo è l’universo stesso, è il dio dell’ebbrezza e, in quanto tale, è il dio che gli hippie incontrarono in India.
Questi «[…] pensano che nell’ebbrezza dell’amore e dell’estasi risieda la vera saggezza, divenga possibile la comunione con la natura e gli dèi, mentre i calcoli e le frustrazioni che impongono le religioni della città isolano il mondo degli uomini dal resto del creato».
Ritroviamo l’antitesi natura-città anche nell’opposizione-complementarietà taoismo filosofico-confucianesimo.
Il taoista rifuggiva dalle città e dalle corti e, attraverso la non-azione, si apriva ad un’azione indefinibile, di natura superiore; il confuciano si dedicava alla politica in senso eminente. Nel loro evadere dalle prigioni delle città moderne, chi dunque potevano incontrare gli hippie - ritenuti, come del resto tutti gli occidentali, dei mleccha, degli “stranieri” barbari - se non il dio che, pur proteggendo l’ordine cosmico, ne contempla altresì il trascendimento?
Shiva, essendo la scaturigine dell’estasi, manifesta se stesso nella forma delle piante psicotrope, in particolare della ganja, da cui, secondo Daniélou, viene tratto il soma, la bevanda dell’immortalità. Un suo epiteto è infatti Somanatha, il Signore delle erbe sacre. Questa è la ragione per la quale molti sadhu shaiva passano attraverso la fase dell’assunzione di dette sostanze.
Non si dimentichi però che Shiva è pure il dio dello yoga, del tapas (“disciplina, austerità”) e della rinuncia, qualità che in lui non vengono mai a mancare, nemmeno nei momenti erotici o di ebbrezza indotti da piante di potere. A lui si ispirano i monaci e pressoché tutti gli ordini ascetici, poiché rappresenta il completo controllo dei sensi, e la suprema rinuncia all’identificazione nel transeunte.
Nell’ambito della mitologia shivaita, gli hippie, con il loro spirito iconoclasta e gioioso, richiamano in un qualche modo i Gana, di cui Ganapati, il dio dalla testa di elefante nato dal raschiamento della pelle di Parvati, shakti di Shiva, è il signore. «Nella tradizione sivaita i compagni del dio sono rappresentati come un gruppo di giovani stravaganti, avventurosi, delinquenti e sfrenati che vagano nella notte, urlano nella tempesta, cantano, ballano e fanno continui scherzi ai sapienti e agli dèi.
Sono chiamati Gana, i “ribaldi”. […] Incarnano la gioia di vivere, il coraggio, la fantasia che sono i valori della giovinezza.
Vivono in armonia con la natura
e si oppongono all’ambizione distruttrice
della città e al moralismo ingannatore
che la maschera e la esprime.
Questi delinquenti del cielo sono sempre pronti a rimettere a posto i veri valori, a soccorrerere i folli di dio perseguitati, a sbeffeggiare i potenti. Incarnano tutto ciò che spiace e fa paura alla società borghese, e che è contrario alle buone usanze di una città civile e alle sue concezioni lenitive»
L’hippie aveva dunque ben poco a che vedere con l’immagine stereotipa che ci si è fatta di lui tramite l’informazione superficiale dei media e la moda che ne è derivata; egli, infatti, non era un mendicante o un drogato, non si identificava in nessuna corrente politica, intellettuale o artistica e nemmeno lo si poteva definire propriamente un contestatore, poiché non pretendeva, utopisticamente, di migliorare o modificare la civiltà attuale, che, in quanto espressione estrema di avidya, l’ignoranza principiale, non può essere contestata o riformata, ma soltanto risolta alla radice.
In merito all’epiteto “drogato”, si noti come egli, da coraggioso esploratore degli spazi interiori qual’era, ritenesse che le sostanze psicotrope (dette comunemente droghe) fossero strumenti efficaci, quantunque assai pericolosi, per abbattere il muro dell’artificiosità dominante (in termini moderni "Matrix") e ritrovare uno stato di innocenza o di autenticità, e distingueva tra quelle che possono favorire benefiche illuminazioni spirituali e quelle che, nella vana pretesa di colmare la vacuità connaturata al divenire, ottundono la coscienza: eroina, televisione, consumismo, ecc.
Sotto l’etichetta “hippie” vennero spesso diffuse idee perniciose e nefaste, legate a questa o quella maschera ideologica dietro le quali si celava, e si cela, l’intento demoniaco di sviare o neutralizzare le autentiche aspirazioni alla Conoscenza e di privare l’uomo della sua dignità ontologica, riducendolo in uno stato di schiavitù, in cui la coscienza resta confinata nella sfera sensibile del corpo denso e di quello manasico (della mente automatica e reattiva).
Scrive assai appropriatamente Alain Danélou:
«Le forze oscure che sembrano governare il mondo moderno
danno prova di molta abilità nel distrarre, deformare e annientare tutti gli slanci degli uomini verso le realtà fondamentali,
verso l’ordine divino del mondo.
Non appena si profila uno spiraglio verso la luce,
è immediatamente gestito da coloro che hanno il compito
di snaturarlo, sfruttarlo, trasformare il benefico in malefico»
In India, l’indissolubile connessione tra spirito e natura viene simboleggiata dal linga poggiante sulla yoni. Il linga di Shiva è il fallo divino che contiene il seme dell’universo e di tutti gli esseri animati o inanimati.
Non ci si meravigli dunque che dell’hippie, inteso in senso sapienziale, si sappia ben poco: «Colui che ha la propria legge dentro di sé / cammina nel segreto. […] Colui che cammina nel segreto / ha una luce che lo guida / in tutte le sue azioni»
Essi desideravano tornare a vivere in comunità in cui si praticasse la cooperazione, la comunicazione (da cum-munire, “costruire insieme”) e il rispetto tra gli uomini e in cui ciascuno, invece di diventare questo o quello, a seconda dei bisogni della Macchina...
Ciascuno deve recitare come meglio può la parte che gli è assegnata nel gran teatro della creazione. La felicità dell’uomo e la sua sopravvivenza dipendono dall’attuazione del posto che egli occupa tra gli esseri viventi come specie e tra gli uomini come individuo»
Per contro, nella società occidentale moderna, se da un lato, come già detto, l’uomo si disfa della propria dignità ontologica, dall’altro assume uno spropositato senso dell’”io” soggettivo, contrapposto agli altri “io”. E tutti questi “io”, gonfiati di nulla, sbraitano e si agitano per la durata di alcuni secondi, litigando, ammazzando, rubando, distruggendo, inquinando, catalogando, lavorando e lavorando al servizio della Macchina (Il Sistema), prima di annichilirsi tra le braccia della morte.
The Summer of love (“l’estate dell’amore”) fu uno dei più importanti eventi della cultura Americana degli anni ’60; in tale occasione, tra l’altro, gli hippie celebrarono il proprio “funerale” come espressione di ribellione nei confronti della cultura ufficiale che premeva per inglobarli nell’establishment, trasfomando in merce e moda il loro movimento di idee e di aspirazioni; e ciò al fine di invalidarne e banalizzarne gli aspetti rivoluzionari.
Fonte e articolo completo: http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=28902
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