Cosa c’è dopo la morte?
Siamo stati abituati sin da bambini a credere che dopo la morte ci aspetti una vita ultraterrena che, a seconda del nostro comportamento e delle azioni compiute da vivi, si identificherà con la dannazione eterna dell’Inferno, la beatificazione in Paradiso preceduta il alcuni casi da soggiorni temporanei nel Purgatorio, il tutto secondo la visione dantesca illustrata nella Divina Commedia.
Ma, dal momento che tutto ciò che avverrebbe nell’Aldilà è l’effetto delle nostre cause, di come ci siamo comportati in vita, perchè così tanta paura della morte? Abbiamo forse la coscienza sporca? Chi non ha mai fatto del male non deve temere alcunchè eppure, basta colloquiare con chiunque per vedere, percepire, sentire questa paura della morte.
Chi è ricco e gode di agi e comodità è scocciato dall’idea di andarsene perchè non vuole lasciare tutto ciò che ha accumulato, senza esserne riuscito a goderne appieno. Mettiamoci nei panni di un miliardario proprietario di diverse ville con piscina nelle più belle località di terra e di mare, aerei personali, belle donne, auto da sogno, conti correnti a chi sa quanti zeri e quant’altro: una persona così non si è fatto mancare nulla dalla vita eppure, nonostante magari la non più giovane età, non vuole ancora lasciare questo mondo e cerca in tutti i modi, quasi disperatamente, di ingannare i segni della vechiaia con interventi di chirurgia estetica di ogni tipo.
Ma anche chi è povero, sfortunato, fatica a sbarcare il lunario ha gli stessi pensieri: una paura ossessiva a lasciare questo mondo. Immaginiano un povero contadino del Sud America, sposato e con tanto di prole numerosa a carico che, arrivata la sera, dopo una dura giornata di lavoro, presenta alla moglie ben poco da mettere in tavola per sfamare i propri figli.
Questa persona ha sicuramente l’affetto, aspetto non trascurabile, dei suoi cari, l’amore che lui prova per essi ma, nessuno può affermare che conduca una bella vita e, senza essere ipocriti chi di noi, se potesse scegliere, opterebbe per una vita simile piuttosto che quella del riccone sopracitato?
Niente da fare: tutti hanno paura di morire!
Gli anziani che hanno già vissuto la loro vita, i giovani che ne hanno una davanti, i ricchi, i poveri, chi sta bene ma anche chi sta male (eccezion fatta per i casi di eutanasia o morte assistita).
Ma perchè?
Atei, agnostici e materialisti, non credendo alla vita ultraterrana, potrebbero rispondere che, considerando questa come l’unica esistenza, non vogliono andarsene per continuare a godere appieno in questa vita.
I credenti delle tre religioni monoteistiche (Cristianesimo, Ebraismo ed Islam) se si sono comportati bene, verrebbe da dire “come Dio comanda!“, non hanno alcun motivo di temere la morte dal momento che verranno ricompensati nell’Aldilà nei più svariati modi.
Quindi la domanda sorge spontanea: chi ha così tanta paura della dipartita sa di non essersi comportato così bene come gli impone la sua religione e teme la punizione divina oppure, la sua fede non è così forte e teme che oltre la morte non ci sia nulla?
La morte è un evento natutale per ogni essere vivente:
si passa dalla breve vita della farfalla a quella assai più lunga di una tartaruga delle Galapagos. Quindi come si più temere un qualcosa che si sa per certo che arriverà? Non si sa nè quando nè come ma sopraggiungerà prima o poi e non ci sarà alcun modo per ingannare la Signora di nero vestita armata di falce.
Una gara impari?
Il timore di morire è collegato all’incertezza di ciò che ci attende quando esaliamo l’ultimo respiro: ci sarà o no una vita ultraterrena? La nostra anima, se esiste – domanda logica e giustificata – che fine farà? Si disintegrerà, verrà tormentata dai diavoli all’Inferno, godrà della compagnia degli Angeli in Paradiso o morirà anch’essa con noi?
Per i non-credenti il problema non si pone ma i fedeli che ambiscono ad entrare nel Regno dei Cieli che hanno come scopo quindi la salvezza della propria anima per evitare l’eterna dannazione conducono una sorta di gara impari dal momento che c’è chi nasce ricco, chi povero, chi con gravi handicap fisici per non parlare di coloro che muoiono giovani se non addirittura bambini quindi non tutti viviamo lo stesso numero di giorni e di anni: ciò non è forse ingiusto?
Come possiamo rimediare ai nostri errori se le nostre vite sono così brevi? Come possiamo fare del bene aiutando gli altri se ci manca il tempo materiale? Non è forse iniquo anche solo ipotizzare che, a fronte della lunghezza dell’Eternità, abbiamo una sola vita da condurre?
E se la risposta a tutte le nostre paure fosse proprio il non temere la morte in quando la nostra anima, il Sè individuale, dopo la nostra dipartita e, successivamente ad un soggiorno più o meno lungo nel mondo spirituale, tornasse a reincarnarsi, a prendere cioè possesso di un altro corpo, per poter così continuare il percorso iniziato in precedenza che ha come obiettivo la purificazione dell’anima?
La reincarnazione è una delle credenze più diffuse al mondo: basti pensare che oramai circa il 20% degli occidentali vi crede per non parlare delle religioni filosofiche orientali come l’Induismo, il Buddhismo ed il Giainismo.
"Proprio come un uomo depone i vecchi vestiti per indossarne di nuovi, così anche il Sé incarnato dismette i vecchi corpi per indossarne altri nuovi." (Bhagavad Gita 2,22)
Nell’antichità questa credenza era molto diffusa presso i Greci, nel platonismo e successivamente nel neoplatonismo o nelle correnti misteriche come l’Orfismo.
"L’anima è presa in un’alterna vicenda e vive ora in un’esistenza a sé libera da vincoli, ora in sempre nuove incarnazioni nel gran circolo della necessità, quale compagna dei molti corpi di uomini "(Canto orfico del VI sec. a.C.)
Vi sono correnti religiose che credono nella reincarnazione anche in Medio Oriente come il Manicheismo, i Drusi o i Sufi ma anche i Druidi, gli antichi sacerdoti dei Celti, avevano tale convinzione e come loro molte altre antiche culture.
Una delle loro principali massime è che l’anima non muore, ma alla morte passa da un corpo ad un altro, cosa che credono molto utile per incoraggiare alla virtù e per far disprezzare la morte (Giulio Cesare, sul druidismo, Commentari alla guerra Gallica Libro VI)
Pensiamo a quanti miliardi di persone hanno vissuto e vivono tuttora con questa certezza: non possono essere, o essere stati, tutti ingannati e noi, o almeno chi non crede nella trasmigrazione delle anime, non possiamo considerarci gli unici depositari di Verità.
Sarebbe un tantino presuntuoso!
Quali prove?
Chi nega la reincarnazione adduce come “prove” il fatto che non abbiamo ricordi delle vite precedenti ma a tale semplicistica obiezione si può rispondere con una banalissima domanda: quali ricordi abbiamo dei primissimi momenti di vita e cosa rammentiamo della nostra nascita?
Nulla eppure siamo stati tutti partoriti dalle nostre madri, ciò è avvenuto senza ombra di dubbio ma nessuno di noi lo ricorda. Poi che senso avrebbe nascere o, meglio, rinascere, portandosi dietro i ricordi delle vite precedenti?
Sarebbe traumatico o, come minimo, condizionante.
Provate a pensare ad una persona morta in un incidente stradale: se rammentasse la sua tragica dipartita avrebbe seri problemi a mettersi alla guida o ance solamente a salire su un qualsiasi mezzo di trasporto!
Vi sono molte prove di persone che ricordano le loro vite precedenti, la maggior parte catalogate nei libri del Dr Ian Stevenson, uno dei più grandi parapsicologi a livello mondiale:
- Reincarnazione: 20 casi a sostegno
- Le prove della Reincarnazione
- Bambini che ricordano altre vite.
Le lunghe ricerche del Dr Stevenson riguardano persone delle più svariate parti del mondo, dall’India allo Sri Lanka, dal Sud America all’Alaska, che conservano precisi ricordi delle loro vite precedenti: ricordi di questo tipo rimangono inspiegabili se si esclude a priori l’idea della reincarnazione.
“Altra possente prova che gli uomini conoscono molte cose prima della nascita è la loro capacità, nella tenera infanzia, di afferrare fatti innumerevoli con una rapidità che dimostra come essi non ricevano questi fatti dentro di loro per la prima volta, ma li ricordino e li richiamino alla mente”. Cicerone
Conclusione
Credere nella reincarnazione potrebbe sembrare assurdo agli occhi di un credente fideista occidentale poichè nato e cresciuto con le convinzioni religiose del suo luogo di nascita o perchè la Bibbia non parla di tutto ciò (ne siamo sicuri????) ma se egli fosse nato in Oriente e cresciuto secondo i dettami induisti o buddhisti lo troverebbe così inverosimile? Nasti pensare che le nostre credenze religiose dipendono al 99% dai posti in cui siamo nati, indottrinati e cresciuti.
Fonte: http://antikamente.altervista.org/paura-morte/
interesante
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