sabato 5 marzo 2016

LA NATURA è SULLA TERRA PER DARE E NON PER PRENDERE


LA NATURA È SULLA TERRA 
PER DARE E NON PER PRENDERE

Scritto da Stefano Bellotti

Credo sia importante rendersi conto che oggi in Europa dovremmo considerare l'agricoltura assolutamente morta. Finita

Nel giro di un paio di generazioni abbiamo assistito ad un'autentica "deportazione'' di massa: la popolazione agricola in Italia, per esempio, è passata dal 70% degli anni del dopoguerra al 3% di oggi e la popolazione rurale dal 90% allo 0%. 

Oggi ,infatti, non si può più parlare di vita né di società né di cultura rurale. Chi vive in campagna non è ''rurale" ma dipende completamente dalla cultura urbana e metropolitana. 



La megamacchina della megalopoli 
divora e controlla tutto diffusamente. 


E dall'altra parte chi ancora lavora nei campi non è più certamente un contadino ma un "addetto agricolo”, una sorta di operaio ibrido e sottopagato generalmente ignorante ed ottuso alle totali dipendenze dell'industria chimica e meccanica che applica nei suoi campi dei protocolli demenziali decisi a migliaia di chilometri dai suoi lunghi senza capirli né discuterli e che serviranno a produrre tonnellate di ''merce" di cui non conosce né lo scopo né l'utilizzo né la destinazione. E nemmeno se saranno distrutte o diventeranno cibo o cos'altro. 



E' quindi un alienato che né ama 
né conosce quello che produce. 


La valle degli orti o il mulino bianco sopravvivono solo sullo schermo televisivo o nel nostro immaginario. Non esistono luoghi reali neanche vagamente simili. Questa è oggi la situazione con quel che ne consegue, lasciando le evidenti considerazioni sulle lacerazioni sociali che un tale drastico cambiamento ha portato, vorrei concentrarmi di più sull’aspetto indissolubilmente collegato che riguarda la pianta, il cibo e il nutrimento.


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Oggi i pochissimi contadini rimasti sono contadini per scelta chiara e determinata, direi quasi militante. Siano contadini di ritorno o lo siano perché nati sul luogo. Nel mio caso sono un contadino di ritorno. Non sono nato in campagna e non sono figlio di contadini. La genesi della mia scelta si perde però molto indietro, nelle nebbie dell'infanzia o forse ancora prima, chissà. 

Sto parlando quindi di motivazioni che non sono né intellettuali né razionali ma intuitive. 



L'uomo non può trovare la sua profonda essenza intrappolato fra muri, 
mattoni, cemento e asfalto. 


Quello che troverà lì saranno soltanto logoranti palliativi. 
L'uomo ha invece bisogno di cielo, di vento, di neve, di sole, di profumi, terra e piante. 
Ha bisogno di rapportarsi con la pianta.
La pianta è grande maestra al cui insegnamento l'uomo accede con la sua volontà. Sulla terra è la pianta che sa raccogliere la luce. L'animo umano anela alla luce racchiusa in un involucro di tenebra. Il corpo animale non è ricettivo nei confronti della luce. 

L'anima e il corpo accedono alla luce grazie alla pianta e questa è la vera essenza del nutrimento. Abbiamo un profondo bisogno di immergerci negli elementi di cui la pianta è interprete e conseguenza per capire noi stessi, prendere coscienza di noi stessi e riconoscere l'amore universale di cui siamo figli. 

La pianta è il ricettore per eccellenza della matrice universale della vita; è lo specchio e l'interprete del macrocosmo che si riproduce nel microcosmo senza soluzione di continuità; è il mezzo per cui ciò che è sopra diventa uguale a ciò che è sotto e che rende uguale e unico il miracolo della vita biologica al miracolo della vita universale. 

Le piante coltivate con il metodo chimico-industriale possono perdere fino all'80% della loro capacità fotosintetica, ossia la loro capacità di catturare la luce e di conseguenza di fissare carbonio e azoto. 
Di cosa ci nutriamo allora? Cibandoci dei frutti di queste piante perdiamo il gusto e col gusto la gioia di vivere ma soprattutto interrompiamo il flusso che ci lega e ci rende partecipi della vita cosmica e del divino. 

L'articolo continua su: http://www.triplea.it/posts/2-la-pianta-e-sullaa

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