venerdì 22 maggio 2015

Il terzo occhio dello sciamano

La ghiandola pineale viene detta “terzo occhio”, poiché secondo antiche credenze, una volta attivata, conferirebbe la vista interiore, cioè la capacità di accedere a poteri psichici ed a livelli elevati di conoscenza. Lo sciamano viene anche definito vegetalista, perché ottiene le sue conoscenze di natura spirituale o soprannaturale, direttamente dalle piante, o meglio, dagli spiriti di queste, chiamate “madri”, ed usa tali poteri a fini diagnostici o terapeutici. 


Ciò avviene tramite l’ingestione di tali piante che possiedono quasi sempre poteri allucinogeni. Naturalmente non tutti coloro che ingeriscono le varie piante allucinogene sono automaticamente vegetalisti, cioè in grado di recepirne i poteri. 

Bisogna prima attraversare un lungo e difficoltoso apprendistato, che consiste in un isolamento nella foresta associato ad un regime dietetico particolarmente duro, durante il quale l’adepto ingerisce frequentemente la pianta prescelta fino a quando, dopo varie sofferenze, lo spirito della pianta o “Madre”, gli appare concedendogli la sua benevolenza ed i suoi doni di potere. Poiché tale insegnamento deriva direttamente dagli spiriti delle piante, esse vengono anche dette “piante maestro”. 



Lo stato alterato di coscienza rende possibile il volo magico, mediante il quale lo sciamano può entrare in contatto con altri mondi. Infatti nella cosmologia sciamanica di quasi tutti i popoli, il mondo è diviso in tre livelli: il mondo intermedio, dove siamo noi, il mondo inferiore ed il mondo superiore. In generale, nel mondo inferiore si trova il potere della guarigione; nel mondo superiore risiedono la conoscenza, il sapere, la saggezza. Esse appaiono allo sciamano sotto forma di entità spirituali in grado di insegnare conoscenze inaccessibili alle persone comuni. 

Nella percezione della “madre” di una pianta maestro, consiste la differenza fondamentale tra uno sciamano ed un non sciamano L’ingestione della pianta allucinogena è quindi finalizzata al contatto con queste entità spirituali. Man mano che lo sciamano avanza nel suo cammino, egli acquisisce maggiore familiarità con esse, al punto che i più anziani possono evocarne la presenza senza ingerire la corrispondente pianta, semplicemente cantandone il rispettivo canto (detto Icaro). 


Gli Icaro di una pianta, diversi da sciamano a sciamano, e donati loro direttamente dalla madre della pianta, sono canti che, intonati sotto l’effetto dell’allucinogeno, consentono di evocarne la presenza. È quindi lo spirito della pianta, la madre, in ultima analisi a conferire allo sciamano il suo potere, ed è attraverso di lei che egli può esercitare la sua arte. 

di Fulvio D’Avino

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