domenica 24 settembre 2017

Silvano Agosti scrive a Beppe Grillo: "Bastano due ore di lavoro al giorno per vivere felici."

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Mi giungono numerose mail che richiedono un mio parere su ciò che sta accadendo al Movimento 5 stelle che sembra stia abbandonando una sana cultura rivoluzionaria di libertà per adottare una evidente caratteristica riformista o addirittura “entrista”

Riformista significa che non lotta più per costruire una società basata su una reale distribuzione dei beni e desiderosa di procurare dignità a enormi masse di persone obbligare, per mangiare e avere un’abitazione ad accettare l’ergastolo del lavoro, addirittura cercandolo con passione invece di esigere dallo Stato e dal governo che impiegando il 10% delle spese militari tutti possano avere accesso gratuito a cibo e casa semplicemente lasciando tutto com’è da sempre ma invece di pagare l’affitto viene dato un proprio codice e poi lo Stato paga. 
Uguale al supermercato. 

Fatta la spesa si offre alla cassa invece del denaro il proprio codice e lo Stato paga. Il tutto viene effettuato dalla Sanità. 





Perché avere casa e cibo gratuito sono la migliore cura preventiva per qualsiasi disagio o malattia. 




Per questo è legittimo lottare e non per far riformare una costituzione che non è mai stata applicata o perché venga costruito uno stadio più grande o magari per continuare ad avere il vergognoso obolo di 80 euro al mese.

In cambio ogni cittadino offre due ore del proprio tempo per qualsiasi lavoro e finalmente diventa libero di vivere per almeno 22 ore al giorno.


Risultati immagini per silvano agosti lavoroPrima di ottenere questo è meglio che Grillo si scordi di andare al governo. Vediamo se ce la fa a non scordarsi almeno questo suggerimento.

Lo dico perché mi dice sempre da ormai due anni che viene a trovarmi al cinema Azzurro Scipioni, poi si scorda e non viene.
Ecco perché ho deciso di scrivere la decima e forse ultima lettera a Beppe Grillo che, per ragioni di rispetto alla privacy ho come sempre Definito ” strettamente personale e riservata.”

Un abbraccio a tutti, donne e uomini, buoni e cattivi, grandi e piccoli, belli e brutti, geniali o limitati.

Silvano






DECIMA LETTERA A BEPPE GRILLO
21 settembre 2017


Caro Beppe?

Ti scrivo in questo periodo stanco e smarrito, tipico delle fasi pre-elettorali.

Mi hai chiesto di darti qualche indicazione.
Non sono certo che ciò sia possibile, ma se lo è, la sola indicazione che mi sento di dare a un Movimento è quella di non fermarsi mai, per nessuna ragione, neppure se fermarsi viene giustificato come il solo modo per salvare il mondo.


Questo straordinario mondo del resto non chiede tanto di essere salvato, ma ciò che da sempre sogna è di essere: rispettato. 
Gli apparati ufficiali, tutti più uno, non hanno nessun interesse a rispettarlo e anzi, sono concepiti e realizzati per umiliarlo, ricattarlo, ferirlo, inquinarlo, svenderlo, massacrarlo etc.


Calcola che il mio farmacista mi ha confidato che, in ossequio ai petrolieri, ogni giorno il monossido di carbonio delle macchine avvia l’uccisione di 1200 persone solo a Roma, che moriranno di cancro tra una diecina d’anni col merito di aver rinforzato le finanze delle grandi case farmaceutiche.


Ti offro fin d’ora questa riflessione. 
Se le cinque stelle escono dal firmamento della libertà e del Movimento rimarranno cinque patetici piccoli lumi tremolanti, persi nella sfibrante oscurità del Potere.


Progettare di portare il movimento a gestire direttamente un governo di questo Paese significa volerle addirittura spegnere queste benedette cinque stelle.


Ma il suggerimento che ti offro è il seguente:
Vinci pure le elezioni, vincile magari con il massimo dei voti, ma cedi a qualsiasi altro partito la possibilità di formare un governo, a patto che il movimento rimanga all’opposizione.


Credo proprio che appartenga alla cultura originaria di questo movimento l’idea di governare dall’opposizione.


Quando il governo in carica accetta e fa sue le proposte dei Cinquestelle voi, come maggioranza le fate passare, altrimenti no. Pensa che meraviglioso gioco.


Sarebbe bello se in una fase di transizione, oltre a governare il Paese dall’opposizione, il Movimento si adoperasse per far sì che in ogni lavoro o attività, l’orario giornaliero non superi più di due massimo tre ore al giorno.


Forse invece di un reddito dato a fondo perduto i disoccupati, che ormai sono una maggioranza, potrebbero ricevere uno stipendio pari al cosiddetto reddito di cittadinanza, 



contribuendo a far sì che ognuno lavori invece che otto ore, al massimo due ore al giorno.



La libertà è la sola energia capace di rinnovare qualsiasi destino.
Lavorando poco e avendo cibo e casa garantiti gli esseri umani potrebbero finalmente prodursi nel grande gioco della creatività.
Pensaci.


Poi, dopo qualche tempo di governo dall’opposizione, potresti iniziare davvero a cambiare, come è desiderio di quasi tutti, questo Paese avendo idee e progetti più chiari su come affrontare l’impossibile, cioè trasformare final-mente questa finta democrazia in uno Stato autogestito e credibile.


Silvano Agosti

2 commenti:

  1. Una spregevole esibizione.
    Il lavoro non è né un bene né un diritto, ma un castigo (Genesi 3,19), ed è un castigo ingiustificato nell’epoca del lavoro meccanizzato che assicura beni e servizi in abbondanza per tutti.
    Il lavoro umano necessario ormai si è ridotto ad una parte infinitesimale, e per svolgerlo potrebbero bastare i giorni di una settimana distribuiti nell’arco dell’anno. Ma siccome questo ancora non succede, il concetto non è entrato nella visone popolare che lo considera una utopia: se una cosa non è stata fatta vuol dire che non si può fare. Ed invece è vero il contrario: se si pensa che una cosa non si possa fare, non verrà fatta.

    Prima che si concretizzasse nel navigatore satellitare, era un’utopia anche l’idea di un dispositivo parlante che assiste il guidatore con dettagliati suggerimenti durante il viaggio; ma per fortuna gli artefici del primo esemplare non erano stati informati che l’impresa era impossibile.
    Il vorace capitalismo che concentra nelle mani di otto persone una ricchezza pari a quella della metà della popolazione mondiale sembra un mostro invincibile, e invece è un colosso dai piedi d’argilla, sul quale ho già avuto modo di scrivere suggerendo i mezzi pacifici per abbatterlo.
    “Il popolo è una bestia matta che lecca la mano che la picchia e morde quella che l’accarezza” (Tolstoj). Le oscene sperequazioni economiche trovano il loro humus elettivo su tale stoltezza. Nessuna persona ragionevole ammirerebbe il criminale che ostenta con orgoglio la prova di un delitto. E che altro è una pelliccia se non la prova di un delitto commesso per futili motivi e con bestiale ferocia? Si sa che la realizzazione di una pelliccia richiede il sacrificio di molti animali abbattuti a colpi di bastone.
    Analogo giudizio vale per qualsiasi altro oggetto di lusso, perché l’esistenza di un solo individuo indigente testimonia che alla disponibilità del superfluo di alcuni corrisponde la mancanza del necessario di altri.
    Odi profanum vulgus, et arceo; tuttavia un ideale sistema di vasi comunicanti mi impedisce di isolare il mio benessere personale dalla sofferenza altrui. Egoisticamente indotto all’altruismo, dunque sono costretto a fare qualcosa per contrastare quella sofferenza altrui che turba la mia tranquillità.
    E che fare? Le opere di carità possono alleviare gli effetti dell’indigenza ma non ne aggrediscono la causa. E la causa è quella sopra descritta: l’immeritata ammirazione al posto del meritato disprezzo.
    Per quanto riguarda i rimedi, suggerisco qui quello più semplice ed efficace per sgonfiare il vanitoso esibizionista: mostrare i muscoli…..facciali, atteggiandoli a scherno, nausea, sdegno, secondo l’indole personale. Ai più pavidi si chiede quantomeno una espressione improntata a indifferenza.
    La strategia è collaudata. L’eventualità di incrociare qualche militante animalista che fa il gesto di sputare in presenza di una pelliccia si è rivelata un efficace deterrente per le signore che vorrebbero indossarla. E se passa la voglia di un oggetto, viene meno anche il bisogno del denaro per acquistarlo. E se viene meno il bisogno di denaro, viene meno anche il motivo per procurarselo togliendo il necessario ai bisognosi.

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  2. lavoriamo già 2 o 3 ore al giorno se sommiamo tutte le ore lavorate e le dividiamo per i giorni vita . es: 38 settimanali per 47 settimane per 43 anni sono 76798 ore con un'aspettativa di vita media di 81,5 anni per 365,5 totale giorni 29788 quindi 76798:29788 = 2,57 pari 2 ore e 34'

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